ROMA, la sfida eterna


"Roma è la capitale della storia, della cultura, della religione; 
Roma è l’Italia."

Ecco, vorrei partire proprio da questo punto, per arrivare dritta al nocciolo della questione ed evitare di addolcire la pillola inutilmente: Roma è l'Italia, il riflesso di questo paese. La capitale è un libro di storia a cielo aperto, che parla di una storia antichissima, da quella dell'Impero Romano, di cui i cittadini faticano a comprenderne la lontananza storica e credono sia ancora vivo oggi, alle più acute sfaccettature moderne.
Parlare con un romano della propria città è l'introduzione al capitolo di storia contemporanea di questo interessante libro.
Il romano, quello vero, di solito inizia spiegando da quante generazioni lo sia e ci tiene affinchè si capisca che il suo sangue è puro, con tono possente e fiero. Attraversando la sua storia privata, non perde l'occasione di vantare l'importanza della propria città nella storia: discorre di Roma, parla dell'impero, degli imperatori, esalta i gladiatori. Ascoltandolo, immagini di duemila anni fa ti si proiettano davanti agli occhi mentre ne resti affascinato, a bocca aperta. Lo segui nel suo elogio alla propria cultura e aspetti con ansia che proceda cronologicamente, che vada avanti, che ti racconti cosa è successo dopo l'impero romano. Aspetti, ma lui cambia discorso, inizia a parlare di quanto è bello il tempo a Roma, di quanto sia buona la carbonara e del segreto di come si giri velocemente l'uovo crudo nella coppa di pasta ancora calda e di sua nonna che viveva in Piazza Navona prima che diventasse una zona elitaria. Allora gli chiedi di ritornare alla storia, cosa c'è stato dopo l'impero romano? Come si è arrivati alla situazione odierna? E qui, il romano dà il meglio di sè: saltando abilmente (secondo me per mancanza di nozioni scolastiche) quasi duemila anni di importantissimi avvicendamenti nazionali ed internazionali (che al romano non interessano, perchè non riguardano la propria città) ci si ritrova nel Novecento, nella Hollywood europea, lungo la storia del cinema pasoliniano, Cinecittà, via Condotti, il Piper, l'A.S. Roma o la Lazio.
Che acrobati! Ho maturato grande esperienza nel distinguere i due tipi di interlocutori romani in questo punto della conversazione: o fascista (ebbene sì, nonostante sia il 2017) o populista (in senso democratico e abbastanza costituzionale). In questo preciso momento, la conversazione prende la vera svolta, perchè il romano darà il meglio di sè. Il simil-fascista inizierà a ricordare quei magnifici giorni in cui le campagne laziali furono bonificate, piazza Venezia eretta maestosamente, la città rinaque a nuovo splendore. E quindi quando ai quei tempi tutti avevano un lavoro e la città era sicura, la gente era felice e ogni giorno si combatteva per definire la propria importanza. Non c'erano ebrei, negri e froci per strada, gli zingari venivano ammazzati, per strada c'erano solo i romani, quelli veri, quelli forti.
Il populista non rinnegherà completamente ciò che il fascista ammette virilmente, ma di certo si preoccuperà di far notare come il periodo fascista abbia portato al rastellamento degli ebrei, i veri romani nonchè il primo popolo instauratosi nella città fin dagli ultimi anni avanti Cristo, e di come l'importanza essenziale del bene comune sia la vera anima della città. Via i padroni e le multinazionali da Roma, la città deve essere gestita dai centri sociali e dai piccoli gruppi.
Entrambi si sbagliano alla grande, è evidente. Un pensiero estremista non ha mai portato a nulla, tantomeno se condiviso da un popolo di base ignorante. E per ignorante intendo dire che la mentalità locale, essendo terribilmente chiusa, cerca di ignorare ciò che non cammina lungo il pensiero originale.
Ma, paradossalmente, entrambi si accordano su un solo punto: l'importanza fondamentale dello Stato del Vaticano. Il Papa, o meglio, i papi che hanno rubato, colonizzato, attuato illegalmente i propri interessi, sono un'istituzione importante, quasi essenziale in questa città. Mai confessare ad un romano di essere ateo o peggio, anti clericale. Che sia schierato politicamente e/o impegnato socialmente, inizierà a spiegare con umiltà e rispetto simile a chi difende la mafia, come la Chiesa sia la base della società romana. E come mia nonna, novantenne di provincia meridionale, abbassando il tono della propria voce giustificherà i crimini e gli scandali di cui tutti siamo a conoscenza. La pedofilia, gli accordi internazionali, le guerre in nome di Dio, la ricchezza spropositata di uno Stato egoista, l'impedimento alle cure, l'impedimento alla ricerca, l'impedimento ai diritti umani. Il romano risponderà che chiunque commette errori ma che, di base, va tutto bene. Non si può eliminare il problema alla radice, ma ci si può lamentare.
Ecco, a Roma ci si può lamentare: la mattina, quando la metro non passa e quando passa è stracolma di gente ci si lamenta perchè non ci sono abbastanza corse, non funziona l'aria condizionata, ci sono gli zingari che rubano portafogli. Ci si può lamentare, ma non si protesta affinchè il servizio migliori e vengano intensificati (a mio parere creati ex-novo) dei controlli specifici di sicurezza sui treni.
Il pomeriggio, passeggiando per le vie del centro ci si lamenta perchè, nonostante siano parte di una zona pedonale, si rischia di essere investiti dalle auto blu, dai taxi e dai motorini e dalle auto che con dei pass (a volta del tutto illegali) possono transitare. Ci si lamenta di quante scandalose coppie gay si tengano per mano spudoratamente e si bacino addirittura per strada. Ci si lamenta dei turisti che inquinano le strade con i loro rifiuti stranieri. Neanche in questo caso si protesta, perchè i mille parlamentari che soffrono di evidenti disfunzioni motorie, in qualche modo dovranno anche arrivare al Quirinale per giocare comodamente a Candy Crush e non pagare da bere e da mangiare in quanto paghiamo tutto noi. Non si ammette che i rifiuti siano un problema del singolo cittadino che non ha ancora capito di dover differenziare l'immondizia (il romano risponderà che non suddivide i propri rifiuti perchè lui sa che l'Ama non ricicla i singoli materiali. E no, neanche in questo caso protesterà.). Però si protesta contro i diritti umani, il Family Day del 2015 ha riempito l'intero quartiere di San Giovanni di famiglie italiane e non che urlavano l'importanza della famiglia tradizionale, quella scritta nella Bibbia, in cui gli unici due esseri umani sulla Terra creata da Dio fossero una vite ed un bullone, un pò come i fogli illustrativi dell'IKEA.
La sera, in qualunque punto della città ci si trovi, ci si lamenta di come tornare a casa se non si possiede un'auto o un motorino, perchè la mafia dei taxi uccide il car sharing, e i mezzi pubblici sono pieni di immigrati puzzolenti ed ubriaconi e ci mettono una vita per arrivare a destinazione. Ci si lamenta perchè i locali sono colmi di studenti drogati e che alcune zone sono off-limit a causa della presenza di negri. I locali aperti sono "bangladini" e i negozi aperti sono tutti cinesi di bassa qualità. Protestare contro l'inefficienza dei mezzi pubblici è impensabile, il romano prende la macchina anche per andare a pagare le bollette all'ufficio postale nella strada parallela alla propria casa e comunque non si allontana dal proprio quartiere, non sa nemmeno cosa ci sia oltre il proprio quartiere, di certo non gli interessa. Il romano si lamenta e a volte protesta nel piccolo contro gli immigrati, ma mica contro tutti. Gli americani, i francesi, gli inglesi e i tedeschi sono a piccole dosi fichissimi; loro ce l'hanno con gli africani, gli asiatici, gli europei dell'Est. E non perdono occasione di esternare il loro disappunto alla sola vista di uno di essi. Lo straniero è comunque di due tipi: o immigrato o turista. Nonostante sia inconcepibile per me la discriminazione nei confronti di un immigrato, dopo quattro anni mi sono abituata a sentirne di tutti i colori. La follia risiede nella discriminazione nei confronti dei turisti: per molti romani i turisti sono "un accollo", una spina nel fianco, fastidiosi, sporchi e disorganizzati. Camminano in orde per le strade più o meno importanti col naso all'insù, distratti dai monumenti e dall'arte urbana. Camminano lentamente a volte, fermandosi spesso per scattare foto o leggere una mappa. Ho assistito personalmente ad una scena che nonostante io tenti di rimuovere freudianamente, permane nella mia memoria: pomeriggio primaverile, fermata metro di Flaminio, Piazza del Popolo, da cui si diramano varie vie tra cui Via del Corso che sbocca in Piazza Venezia, ovvero l'inizio di Via dei Fori Imperiali che termina al Colosseo. Insomma da Flaminio, "vai ddritto pe' ddritto e arivi". Una coppia di turisti chiedono informazioni in un italiano anche abbastanza buono a due diversi locali su come arrivare al Colosseo e ricevono "noo o so" "e levate" "aò spostate".
Via del Corso, negozio della TIM, io e altre persone in coda, aspettando che una delle due assistenti ci servisse. Un signore americano stava comprando una sim card e chiedeva ad una delle due informazioni base circa il piano tariffario. Ora, io insegno inglese in un centro lingue e, nella cultura base di un italiano medio di circa venti anni ci sono parole quali "minutes", "messages", "giga bytes" e i numeri almeno da uno a cento, male che vada graficamente la comunicazione numerale è più efficace di quella orale. Io avrei preso un foglietto, scritto numeri e sigle (30gb 200sms 100min), scritto il costo e aspettato il pagamento. Lei no, lei gli rideva e urlava in faccia in un misto tra imbarazzo e fastidio "aò eeeee treeeenta gigaaaa, trentaaaaa, i gigaaaa come se dice, nun parli italiano, ma che ce sta qualcuno che parla come questo qua?". Inorriditi, in fila, nessuno ha proferito parola. Io ho preferito sognare che dalle telecamere a circuito chiuso il suo capo la vedesse e la cacciasse immediatamente. Nel frattempo l'americano ci aveva giustamente rinunciato e con lui sono andati via altri due in fila.

- Che bello ricordarsi di quando ero un'emigrata dall'altra parte del mondo e proprio dei romani furono cacciati da due diversi locali perchè si comportavano da arroganti cafoni quali sono. -

Parliamone: i Fori Imperiali chiusi al traffico sono uno spettacolo, il Giardino degli Aranci al tramonto è uno dei miei posti preferiti al mondo, una passeggiata notturna attraverso la Domus Aurea è un'esperienza unica, i graffiti e le opere di Caravaggio nascosti qui e lì sono da togliere il fiato, il Circo Massimo è esageratamente affascinante all'alba, nel Parco degli Acquedotti si viene sopraffatti da un senso di libertà ed impotenza, il Colosseo dall'esterno è il più bel regalo che i nostri avi ci hanno lasciato. Ma da dentro, il Colosseo è l'esatta spiegazione di una modernità stupida e corrotta. Da recenti studi sarebbe emerso che l'Arena di Verona sia più antica del Colosseo. Entrambi però sono in evidente stato di buona conservazione dall'esterno. E dall'interno? 
Chiedete ad un romano se è mai entrato nel Colosseo: molti risponderanno che ci sono stati durante una gita quando era alle elementari. Il costo del biglietto è 12 euro e questo comprende una via di fuga dalle decine di venditori abusivi e di uomini vestiti da centurioni romani che fanno apprezzamenti e commenti in romanaccio per poi chiedere illegalmente cifre spropositate per posare in una foto. Nel costo del biglietto è inclusa anche l'entrata al Foro Romano e al Palatino. Il costo del biglietto, insomma, non ha molto a che vedere con il Colosseo in sè: all'interno, un grande spazio vuoto, qualche topo che attende di essere mangiato da un gabbiano che plana senza pietà, rovine lasciate alla mercè delle condizioni metereologiche e basta. E basta. Il nulla. Ma io ricordo che all'Arena di Verona ci hanno suonato i Pink Floyd e che tutt'ora ci sono spettacoli di danza e teatro organizzati nei minimi dettagli. È davvero impossibile creare qualcosa di anche solo interattivo all'interno del Colosseo? Che so, una proiezione di cosa succedeva al suo interno o degli attori che ripropongono gli avvenimenti storici qualche volta al giorno per qualche minuto? Eppure i fondi a Roma non mancano, soprattutto per l'arte e i beni culturali e ci sono tantissimi illusi che vorrebbero ancora lavorare a Roma come attori. 

Alla domanda di un amico romano "Quali città europee ti piacciono?" credo di aver commesso uno dei più grandi errori della mia vita. Lui mi chiedeva questo in virtù del fatto che raccontavo dei miei vagabondaggi durante il periodo universitario in giro per l'Europa (quindi prima di lasciarmi innamorare dal Portogallo e dall'Andalusia), forse si aspettava che nominassi Roma. Ho risposto con una top three abbastanza lineare, ovvero Atene, Napoli e Barcellona. Non ho incluso Roma perchè mi ci ero appena trasferita e, ovviamente è magnifica, lo davo per scontato, ma qui ci avrei vissuto, quindi mi riferivo ad un piacere più turistico. Tra i vari commenti, uno in particolare mi ha fatto capire la mentalità provinciale del suddetto e della sua stirpe che man mano si aggiungeva per commentare. Premetto che la diatriba tra Napoli e Roma è sempre più viva da queste parti, soprattutto ultimamente quando criminalità e questione rifiuti sono più preoccupanti a Roma, provocando rabbia nel romano. Quindi, a prescindere dai commenti su Napoli, mi ha detto che non aveva senso dire che Atene fosse bella e che l'Acropoli fosse una delle meraviglie mondiali perchè "cioè, c'avemo er Colosseo, il resto nun esiste". Non esiste. Il resto del mondo non ha importanza, non c'è. Per il romano non esiste altro che la sua città. Nella maggior parte dei casi (e anche in questo specifico) per il romano non esiste terra degna di essere calpestata al di fuori del proprio quartiere. E nella maggior parte dei casi (e anche in questo specifico) il Colosseo non è mai stato visitato dai romani. Dopo "soli" quattro anni, io ne so molto di più dei locali circa la loro città. Non parlo della storia di quest'ultima ma proprio della scoperta di luoghi e scorci che rendono questa città unica al mondo.

Vivere a Roma è difficile per chi non è romano. Io, come molti, sono arrivata qui carica di speranze, di progetti, pronta a combattere il mal d'Asia con una nuova città cosmopolita, multirazziale, aperta al mondo, libera e bella. Forse mi aspettavo troppo, ecco.

Ho sempre descritto questa città come in una fotografia a colori, in uno scatto rubato di una vecchia donna appoggiata alla porta. Lei, anziana sui 70 anni portati bene ma troppo truccata, ombretto blu e rossetto fuxia, vestita succinta, con lo sguardo duro di chi ha vissuto la bella vita e poi, per sopravvivere agli stenti della perdita di questa, si è dovuta vendere. A guardarla bene, si scorce ancora la sua bellezza e il suo fascino di giovane ragazza bella e viva. Fuma una sigaretta, il suo viso si aggrinzisce lì dove le rughe raccontano del suo incessabile vizio. La sua spalla morbida poggia alla porta del suo boudoir, che ha visto entrare ed uscire uomini di grande potere, con sigari e scarpe lucide, senza fede nè spirituale nè al dito, pronti a comprarla a qualsiasi costo. Roma non è una puttana, è una meretrice di alto livello, che ha scelto a chi darsi, commettendo errori dettati dalla sua fame di soldi, per tentare di restare nel bianco e nero di un film neorealistico, per essere guardata ancora come cinquanta anni fa. Non si rassegna, non si adatta, non si libera. Schiava di lobbies, organizzazioni criminali e non, abusata dal potere politico, stuprata dall'avidità economica, incatenata all'altissima pressione fiscale. 


Mia bella Roma, per rinascere devi prima morire e sei sulla buona strada.
Ti aspetterò, non vedo l'ora di ritrovarti.





 

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